Neotenia ed intelligenza umana - La proteina della neotenia

di Nicola Ghezzani

L'intelligenza come espediente evolutivo

Uno degli aspetti più imprevedibili e, per alcuni aspetti, “sconvolgenti” del pensiero scientifico moderno è la sua capacità di smontare il pregresso ordine logico e morale, per mettere al suo posto qualcosa che a tutta prima appare casuale e “fuori centro” rispetto alla concezione dell'uomo che aveva dominato lo spazio mentale e sociale sino a un attimo prima che essa apparisse. Come è stato difficile per l'ordine sociale religioso abbandonare — sia pure molto a malincuore — l'idea che la Terra sia al centro dell'universo e che l'Uomo sia la corona della creazione (abbandono dovuto ai colpi mortali inferti ad essa da Copernico, Galileo e Darwin), oggi il pensiero umanistico deve inchinarsi a un nuovo decentramento logico: l'intelligenza umana non è il prodotto maturo e consapevole dell'evoluzione della specie, ma è piuttosto un effetto di mutazioni casuali, la cui portata e la cui direzione è forse destinata, per sua natura, a sfuggirci per sempre.

Considerata dal punto di vista del materialismo darwiniano, l'intelligenza umana ha adattato con una certa efficacia l'uomo al suo ambiente naturale e sociale; ma allo stesso tempo ha avviato un processo di deriva cognitiva infinita che rappresenta il maggior fattore disadattivo intrinseco a una specie vivente. Non esiste al mondo altra specie vivente altrettanto incerta rispetto ai mezzi di cui dispone e ai fini, gli scopi, che è suo “compito” perseguire. L'uomo — in una solitudine epica e tragica allo stesso tempo — è l'unica specie del mondo vivente che vada alla ricerca del senso della vita.

Tanto capace di generare ordine, il cervello umano è allo stesso tempo l'oggetto più complesso e disordinato dell'universo. Di fatto, l'uomo si ritrova a possedere un apparecchio mentale che lo adatta e lo disadatta al suo habitat con una sconcertante rapidità. In virtù delle abilità del suo cervello, l'uomo è in grado di vedere le configurazioni ambientali ricorrenti e quindi ordinate e di ricostruirle nel suo mondo artificiale per viverci immerso. Più di ogni altro animale, egli è in grado di indagare e conoscere l'universo a lui circostante per vivere all'interno di esso in modi sempre più armonici e coerenti. E tuttavia, e allo stesso tempo, col suo strano cervello egli è in grado di spingersi sempre più in là: la conoscenza si muta allora in una compulsione a disgregare il coerente e il noto, generando gradi crescenti di disordine cui poi, per adattarsi e sopravvivere, è costretto a indagare con maggior profondità. Un impulso esperienziale incoercibile lo spinge a sfidare il suo adattamento: il suo cervello iper-cognitivo gli consente di imitare, di emulare il disordine dell'universo apprendendo sempre più notizie del mondo, le quali, inserite nella struttura cognitiva pregressa, generano disordine. Con un pizzico di retorica potremmo dire che la nicchia ecologica dell'uomo è l'infinito. Il rischio programmatico cui l'esperienza umana è subordinata, questo strano e continuo disordine processuale, lo chiamiamo libertà.

È possibile formulare un'ipotesi circa l'origine di questa strategia di adattamento così inconsueta nel mondo animale? Una recente scoperta scientifica, che qui di seguito cerco di commentare, può forse aiutarci a sciogliere un po' questo singolare mistero.

La proteina della neotenia

Un articolo comparso sul Corriere della Sera del 6 settembre del 2008 ([4]) segnala una scoperta importante non solo in ordine a prevedibili e auspicabili implicazioni mediche, ma anche per le sue indirette conseguenze in rapporto alla teoria dell'evoluzione della specie umana.

Lo scienziato americano di origine indiana Ajit Varki, impegnato a studiare le reazioni immunitarie, scoprì alcuni anni fa che l'organismo umano reagisce nei confronti di uno zucchero presente in pressoché tutti gli animali: l'acido sialico, uno zucchero a nove atomi di carbonio che i biochimici chiamano acido N-glicolilneuraminico e identificano con la sigla Neu5Gc. Ciò gli apparve strano, tanto da porsi una importante domanda. Come mai, si chiese, il sistema immunitario umano reagisce a quell'acido come se dovesse espellerlo? Forse esso non è presente nell'organismo umano? E perché, se è presente in tutti i mammiferi e in tutti i primati?

Lo studio comparato lo portò a fare una strana scoperta: unico fra tutti gli animali studiati, l'uomo presenta un acido sialico di diversa composizione rispetto a quello animale, un acido sialico privo di un atomo di ossigeno. Per l'acido presente nell'uomo si usa oggi la definizione acido N-acetilneuraminico e si adotta la nuova sigla Neu5Ac.

La scoperta risale al lontano 1998: sin da quell'anno, Varki aveva mostrato che la versione di acido sialico presente sulla superficie della maggior parte delle cellule di mammifero e roditore (acido Neu5Gc) era assente negli esseri umani. La scoperta di Varki consisteva, dunque, nell'osservazione che mentre le specie animali, tutte quelle studiate, presentano nel loro organismo l'acido sialico composto dalla molecola Neu5Gc, l'uomo è l'unico animale ad avere la molecola Neu5Ac, in tutto simile alla prima, salvo per la perdita di un atomo di ossigeno.

In rapporto agli interrogativi della medicina, la cosa non è di poco conto. L'uomo si nutre di carni animali, quindi incorpora la molecola Neu5Gc, che essendogli estranea, induce la formazione di anticorpi specifici, ma anche di gravi malattie del sistema immune: artrite reumatoide, asma, sclerosi multipla. Non è escluso che persino alcune forme di tumore possano derivare dall'ingestione dello zucchero animale. Per contro, c'è un parassita della malaria, il plasmodio reichenowi, che infetta i primati ma non l'uomo, perché attacca i globuli rossi animali proprio saldandosi con Neu5Gc.

La scoperta era già di per se stessa molto importante, ma Varki ha voluto andare avanti per capire perché mai l'uomo sia l'unica specie animale a presentare quella molecola modificata. E lavorando insieme al paleontologo Juan Luis Arsuaga è giunto di recente a sviluppare un sorprendente quadro evoluzionistico.

Neu5Gc, la molecola animale, è comparso sulla terra da due a tre milioni di anni fa, in coincidenza con homo erectus. La malaria colpiva e mieteva vittime tra tutti i primati, quindi anche tra gli uomini. Tuttavia quegli individui che, per mutazione casuale, non erano in grado di sintetizzare la proteina che induce la sintesi della molecola Neu5Gc pur attaccati dalla malaria sopravvivevano. L'ipotesi di Varki è che questo fenomeno produsse una speciazione genetica, ossia una filiazione separata, che da homo erectus portò a homo antecessor. In effetti, circa novecentomila anni fa, nell'organismo umano Neu5Gc scompare e compare invece Neu5Ac, non più aggredibile dalla malaria, ma causa delle altre malattie citate. Da quel momento la specie umana ebbe in dotazione la nuova molecola, e non si ammalò più di malaria.

Varki non si accontenta di questo quadro ipotetico, insiste nella sua ricerca e, per capire appieno la funzione dell'acido sialico umano, fa un esperimento. Si chiede: che cosa accadrebbe se inserissimo la molecola umana Neu5Ac in un topo? Procede all'esperimento e il risultato è sconcertante: i topi dotati della molecola umana perdono il pelo! Si arriva così alla deduzione più importante: la molecola animale è l'evoluzione matura di quella umana: nel corso dello sviluppo dell'organismo animale, una proteina si attiva e trasforma Neu5Ac in neu5Gc. La molecola umana è costituita, dunque, da una fase immatura della molecola animale. Il gene che sintetizza la proteina che muta l'una molecola nell'altra, risulta a livello umano inattivo.

La scoperta di Varki si ferma qui.

Scoperta davvero stimolante, che mi induce molte riflessioni, la prima delle quali è questa: che conseguenze possiamo dedurre da tutti questi dati in relazione alla teoria dell'evoluzione umana?

L'ipotesi che qui avanzo è semplice e complessa allo stesso tempo. Poiché il vantaggio di non ammalarsi di malaria viene di fatto bilanciato dallo svantaggio di ammalarsi di artrite reumatoide, asma e sclerosi multipla, è probabile che la mutazione genetica abbia comportato, per caso, un altro vantaggio, più importante, che si è aggiunto al primo. Quale potrebbe essere stato? La perdita del pelo nei topi può darci la soluzione dell'enigma. A mio avviso, l'acido sialico umano consente all'organismo di mantenere tratti immaturi (per esempio: senza pelo), in tutta la sua struttura anatomo-fisiologica, condizione che configura la specie umana come una specie neotenica.

Cos'è la neotenia? Più che in qualsiasi altro primate, il piccolo d'uomo nasce prematuro, ossia inetto e impotente, e non solo necessita di un lunghissimo periodo di apprendimento per diventare adulto, ma la sua funzione di apprendimento, collegata appunto alla plasticità delle cellule nervose immature, dura per tutto il tempo della sua esistenza. Fermato da una complessa mutazione genetica in uno stato di regressione prenatale permanente, il cervello umano è come se fosse impegnato, in modo costante e per tutta la vita, in uno sforzo di modellamento e adattamento. Per lui l'orologio biologico si è fermato ([2], [3]).

Se la mia ipotesi è giusta, studiando il gene che nella specie umana risulta modificato e parzialmente inattivo, sarà possibile convalidare l'ipotesi di Louis Bolk sulla neotenia umana, ipotesi abbracciata da Stephen Jay Gould. Il vantaggio adattivo che la specie homo ha ottenuto per caso circa novecentomila anni fa è stato dunque quello di acquisire una immaturità neuronale tale da configurarsi come plasticità, quindi come capacità di apprendimento illimitato. Conquista a tal punto importante, a tal punto implicata in nuove e straordinarie potenzialità di sopravvivenza, che la specie umana ha pagato volentieri per essa il prezzo di gravi e terribili malattie.

L'iperdotazione mentale

Per quanto riguarda la teoria dell'iperdotazione mentale e dell'introversione — che spesso vi è correlata — la scoperta assume un rilievo immediato.

L'individuazione di un preciso periodo paleontologico a partire dal quale la specie umana ha perso la proteina implicata nel processo di maturazione e di stabilizzazione delle cellule nervose e ha, quindi, acquisito la plasticità neuronale e con questa la capacità di apprendimento illimitato, confermerebbe la teoria della neotenia umana. L'uomo è la specie più cognitiva, più intelligente, dell'intero regno animale, perché da bambino e da adulto egli è — in sostanza — un feto di primate molto specializzato.

L'uomo nasce “prematuro” ed è per questo che non ha schemi mentali rigidi come gli animali, i quali maturando non fanno altro che attualizzare l'eredità mentale della specie. Gli animali infatti hanno istinti, ma non apprendono (o meglio: apprendono molto poco). L'uomo è diverso da loro perché ha schemi istintuali poveri ed elastici, ma ha, per contro, un largo “spazio cerebrale” adibito all'apprendimento, al dubbio, alla ricerca. È questa progressione continua e coattiva verso nuovi gradi di ordine ottenuti inducendo dubbio e quindi disordine che è alla radice della libertà umana, la quale, lungi dall'essere una “patria”, è un punto focale senza argine né senso, delimitata al suo estremo da quell'entità concettuale che chiamiamo infinito.

L'ipotesi che qui avanzo circa l'iperdotazione intellettuale — ricalcata su un'analoga ipotesi formulata da Luigi Anepeta a proposito dell'introversione ([1]) — è, dunque, che gli individui dotati di abilità intellettuali portino al massimo dello sviluppo consentito dalla norma di reazione umana questa abilità nel non avere né certezze né senso, e quindi nel dover apprendere, dubitare, ricercare, esitare fra l'umana cognizione del limite e l'infinito smarrimento.


Bibliografia
1. Anepeta, L., Timido, docile, ardente…, Franco Angeli, Milano, 2007.
2. Bolk, L., Das problem der Menschwerdung, Gustav Fisher, Jena, 1926.
3. Gould S. J. (1977), Questa idea della vita, Editori Riuniti, Roma, 1984.
4. Remuzzi G., Uomo-scimmia, la proteina «sapiens», Corriere della Sera del 6/9/2008, p. 29, http://archiviostorico.corriere.it/2008/settembre/06/Uomo_scimmia_proteina_sapiens__co_9_080906081.shtml.

Ulteriori approfondimenti

Dal sito Legaintroversi.it

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